Dalla manna all’alaccia, i Presìdi Slow Food in Sicilia

Quando si parla di cucina si può discutere di innumerevoli cose, avere punti di vista differenti, sostenere opinioni diverse e non trovarsi d’accordo su quasi tutto. Quasi. Perché se c’è una cosa che non si può in alcun modo negare è che la cucina siciliana è una delle più straordinarie d’Italia, per ricchezza, varietà, stratificazione della storia, varietà dei sapori e unicità nel comunque sfaccettatissimo panorama italiano.

Abbiamo già parlato dei Presìdi Slow Food di Emilia-Romagna e Valle d’Aosta e oggi vogliamo approfondire il tema dei Presìdi Slow Food in Sicilia. Rispetto a regioni che hanno a malapena una decina di Presìdi, beh, in Sicilia la situazione è un po’ più complicata: la regione ne ha ben 47, l’ennesima riprova della sua incredibile biodiversità, che rispecchia un paesaggio altrettanto variegato, dal mare alle montagne, dai climi semi-tropicali ai paesaggi vulcanici. Abbiamo quindi scelto di approfondirne solo alcuni, sperando di risvegliarvi abbastanza curiosità da conoscerli tutti.

Frutta e verdura

La lista delle verdure Presìdi Slow Food in Sicilia è lunghissima. Cavolo vecchio di Rosolini e Cavolo trunzu di Acio. Carciofo spinoso di Menfi. Quattro varietà di pomodori (per cui la regione è in effetti famosa): Pomodoro siccagno della valle del Bilìci, Pomodoro buttiglieddru di Licata, Pomodoro pizzutello delle Valli Ericine. Peperone di Polizzi Generosa.

Cipolla di Giarratana, Cipolla paglina di Castrofilippo. E poi frutta, ah!, quanta frutta: Pesca nel sacchetto (sì, cresce davvero dentro un sacchetto di carta, che ne conserva aroma e sapore fino alla raccoltà – rigorosamente a mano), Antiche mele dell’Etna, Albicocca di Scillato, Melone cartucciaru di Paceco dalla buffa forma allungata, Melone purceddu di Alcamo, Susine bianche di Monreale. Non c’è da stupirsi che il clima siciliano favorisca la crescita di frutta di ogni tipo – e anche, ricordiamolo, di avocado.

Tra la frutta Presìdio Slow Food più famosa troviamo la Fragolina di Sciacca e Ribera, che a quanto pare è stata portata in Sicilia da alcuni reduci della Grande Guerra, che avevano raccolto piantine selvatiche in qualche punto delle Alpi, e che oggi viene raccolta in appena 17 ettari, e il Mandarino tardivo di Ciaculli anche conosciuto come Marzuddu, perché appunto matura tardi, in marzo.

 


Presìdi Slow Food Sicilia: frutta secca e legumi

Dici frutta secca e pensi immediatamente alla Sicilia. In questo caso si tratta di Sesamo di Ispica, Mandorla di Noto e Pistacchio verde di Bronte. Per questi ultimi due attenzione: sono tantissimi i casi di imitazione. Se vedete il simbolo del Presidio Slow Food potete acquistare in sicurezza.

Tra i legumi troviamo la Fava cottoia di Modica, la Fava larga di Leonforte e la Fava di Ustica, tutte e tre perfette per preparare il macco di fave, l’equivalente siciliano della polenta. Da provare questa ricetta (con un po’ di storia).

Ma l’elenco è ancora lungo: Lenticchia nera delle colline ennesi, Lenticchia di Villalba, Lenticchie di Ustica, Fagiolo badda di Polizzi Generosa, Fagiolo cosaruciaru di Scicli.

Formaggi siciliani

Il Piacentinu ennese è forse il mio formaggio siciliano preferito: l’aromatizzazione con zafferano e pepe nero gli dà un aroma, un sapore e perfino un colore unici. Ma sono indubbiamente da provare anche il Maiorchino, la Provola dei Nebrodi e la Provola delle Madonie razza modicana, nonché la Vastedda della valle del Belice.

La Vastedda è l’unico formaggio di pecora a pasta filata italiano: il nome deriva da “vasta”, il termine dialettale per guasta, perché i casari l’hanno creata per recuperare i pecorini mal riusciti.

 

Presìdi Slow Food della Sicilia

Fino agli anni Sessanta il sale prodotto tra Trapani e Marsala veniva esportato in tutta Europa. Dopo qualche decennio di calo della produzione, ora il sale marino di Trapani è tornato ad essere molto conosciuto. Sempre sul versante salato troviamo il cappero di Salina, così famoso da non avere bisogno di presentazioni, e l’oliva minuta.

Meno famose invece la Masculina da magghia, una preparazione che un tempo i pescatori catanesi usavano per sfamarsi in mare con olio d’oliva, pezzetti di alici e le teste rimaste impigliate nelle “maglie” delle reti, e l’Alaccia salata di Lampedusa, un pesce azzurro simile alla sardina, protetto da un Presidio il cui obbiettivo nell’isola è far tornare la pesca un’attività produttiva e remunerativa, ma soprattutto sostenibile.

Spostandoci dalla costa tra i Presìdi Slow Food in Sicilia troviamo diverse specie animali: l’ape nera sicula, l’asino ragusano, la capra girgentana e il suino nero dei nebrodi, ma anche un salume pregiato come la salsiccia di Palazzolo Acreide.

Ma due tra le specialità siciliane meno conosciute, e più speciali, sono dolci. La cuddrireddra di Delia ha un nome impronunciabile che risale al greco kollura, pane biscottato, ed è una sorta di anello di pasta fritta che nella cittadina si prepara da sette secoli: si racconta che le ciambelline fritte siano nate durante il tredicesimo secolo, come omaggio alle castellane, vista la loro forma a corona. L’impasto è fatto di farina, uova, zucchero, strutto, vino rosso, cannella, scorza d’arancio. Chiuderle richiede molta manualità – e uno strumento apposito, il “pettine” – e la frittura viene fatta in olio d’oliva. Io le ho provate e posso assicurarvelo: sono una bomba.

La manna delle Madonie invece è quel presidio Slow Food siciliano che fa sempre dire “ma che davvero?”. Proprio così: la manna non esiste solo tra le pagine della Bibbia. Le stalattiti di manna si raccolgono dagli alberi di frassino e vengono usate come dolcificante naturale e per le loro proprietà lassative. Meno poetica di come ve l’immaginavate eh? Lo sappiamo. Ma rimane un prodotto tipico da proteggere e tutelare.