Presìdi Slow Food della Toscana che sarete elettrizzati di conoscere

Fino a una quindicina di anni fa la parola Presìdi Slow Food era sconosciuta ai più e parlarne in pubblico avrebbe ottenuto come solo risultato di far sollevare qualche sopracciglio perplesso. Ora la parola “Presìdio Slow Food” compare, affiancata dalla spirale colorata che ne è il simbolo, sui menu dei ristoranti di tutta Italia; le botteghe alimentari si vantano di avere Presìdi Slow Food nella loro merce; e dire “È un Presidio!” diventa garanzia assoluta di qualità.

Il merito è sicuramente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità che dal 1999 usa lo strumento dei Presìdi per tutelare produzioni artigianali, prodotti tipici, tradizioni gastronomiche a rischio di scomparsa. E a noi piace l’idea di raccontarveli, un po’ per volta, scoprendo l’Italia attraverso le sue tavole e raccontando così di realtà piccole ma resistenti, che grazie a Slow Food hanno potuto farsi conoscere, venire recuperate e valorizzate.

Dopo i Presìdi di Emilia-Romagna, Sicilia e Valle d’Aosta, ora parliamo dei Presìdi Slow Food della Toscana. Attenzione: questa volta abbiamo deciso di concentrarci solo su quelli senza derivati animali. Non perché non rispettiamo la meravigliosa tradizione della regione in fatto di salumi e formaggi, né il lavoro fatto per preservare razze autoctone o lavorazioni tipiche come la pesca di Orbetello, ma semplicemente per valorizzare un lato “veg” del territorio forse meno conosciuto e oscurato da prosciutti e pecorini.

Presìdi Slow Food toscani

© Visitlunigiana.it

Prodotti da forno della Toscana

Cominciamo da un capitolo delizioso. Forse il più deliziosi di tutti? Quello lo lasciamo giudicare a voi. Ci sono ben tre prodotti tipici toscani protetti dal Presìdio Slow Food. Il testarolo pontremolese è una sorta di pane azzimo, dalla forma circolare e dal diametro di circa 40-45 cm, a base di acqua farina e sale. Si cuoce in speciali testi di ghisa e, attenzione!, si consuma come una pasta: si bolle in acqua e si condisce con pesto ligure – dopotutto ci troviamo in una zona al confine con la Liguria. Lo ricordo tuttora come una delle cose più buone mai assaggiate.

Tra le tante cose belle della Garfagnana c’è il pane di patate detto appunto “garfagnino”, che asce come cibo povero, per chi non aveva abbastanza farina in casa e doveva sostituirla con un po’ di patate. La ricetta tradizionale prevede un 15% di patate, lesse e schiacciate, nell’impasto, per il resto a base di farina di grano, di semola e tritello e lievito madre. Viene cotto in forno a legna e il risultato è morbidissimo – abbinato con i salumi, va da sé, è perfetto.

biscotto salato di Roccalbegna
Foto via Fondazione Slow Food

Dici biscotto e risvegli la mia attenzione. Dici biscotto salato di Roccalbegna e hai la mia completa attenzione. Per secoli questo biscotto salato a forma di otto è stato destinato alle occasioni speciali, come festività e matrimoni, perché l’olio era un ingrediente costoso. Si prepara con farina, olio extravergine di oliva, semi di anice, vino bianco e sale. La tradizione rimane viva solo in questo paesino dell’Amiata che dal 1982 lo celebra con una sagra.

La Marocca si produce nella valle della Lunigiana, dove per lungo tempo l’unica farina utilizzabile per la panificazione era quella di castagne che, come sa chi si è cimentato a usarla in cucina, non è “facile” come quella di frumento – e infatti marocat significa “poco malleabile”. L’impasto di questo pane è fatto con farina di castagne e una piccola percentuale di patate. Si conserva per diversi giorni.

Presìdi Slow Food della Toscana: frutta e verdura

Pomodoro Canestrino, via Fondazione Slow Food

Tra le tante cose per cui Lucca è famosa non pensiamo certo al pomodoro canestrino. Eppure questa varietà, che ha rischiato di scomparire ed è sopravvissuta solo grazie alla tenacia di alcuni agricoltori, è deliziosa: polpa morbida e poco acquosa, buccia sottile, sapore dolce e poco acido. Il nome è legato alla forma a canestro. Piccolo dettaglio curioso: la sua raccolta comincia a maggio e finisce ad autunno inoltrato.

Parlando di presìdi Slow Food toscani sembrava strano non citare l’oliva. E allora parliamo dell’olivo quercetano, una varietà della località di Querceta, in Versilia, in un’area tradizionalmente vocata alla coltivazione di olivi. Le piante di olivo quercetano sono caratterizzate da una bassa produttività e per questo rimangono pochissimi agricoltori a produrre un olio extravergine d’oliva in purezza.

Presìdi Slow Food della Toscana: frutta secca e legumi

Carmignano è un paese famoso per la coltivazione di fichi (ci sono paesi famosi per motivi ben più bislacchi). La dolcezza dei fichi secchi di Carmignano si abbina perfettamente ai salumi. Un dettaglio simpatico: la sua raccolta finisce a metà settembre ma non può essere messo in commercio prima del 29 settembre, San Michele, il patrono del paese.

Dici Toscana e pensi alla ribollita e conseguentemente ai fagioli. E di fagioli toscani protetti dal Presidio Slow Food ce ne sono in abbondanza: il fagiolo zolfino, detto fagiolo del cento perché seminato il centesimo giorno dell’anno, piccolo e chiaro; il fagiolo di Sorana, tradizionalmente cotto “nel fiasco”, in contenitori di vetro, a fuoco lento e poi serviti solo con olio e pepe bianco; il fagiolo rosso di Lucca, la cui produzione ha una straordinaria importanza per il territorio, come confermato da diverse testimonianze storiche.