Golden rice: l’ingegneria genetica è necessaria?

Secondo i dati riportati in una ricerca del World Food Program delle Nazioni Unite, ad oggi sono ben 795 milioni le persone che soffrono la fame. Quasi la metà di loro vive in Africa Subsahariana, segue poi la popolazione dell’Asia meridionale, dell’Asia orientale e del Pacifico e infine dell’America Latina e dei Caraibi (5,6%). Va specificato che “soffrire la fame” non è solo sinonimo di carenza di cibo, ma anche e soprattutto di mancanza di micronutrienti. 
Nella maggior parte di questi paesi l’unico cibo che le persone possono permettersi è il riso: di facile reperibilità e a basso costo. Purtroppo però questo provoca una carenza di quasi tutti i restanti nutrienti necessari al sostentamento del proprio corpo, come ad esempio la vitamina A. 
Nel 1990 uscì un numero del Time con sulla copertina il volto di Ingo Potrykus e un titolo che diceva: “Questo riso potrebbe salvare un milione di bambini l’anno”. Si parlava del Golden Rice, un riso arricchito sotto il profilo nutrizionale, al quale lo scienziato svizzero lavorò per anni, ma la cui produzione e diffusione venne bloccata per via della campagna internazionale contro gli OGM. Ricostruiamone la storia.

Cos’è il Golden Rice

Il Golden Rice nasce come varietà di riso geneticamente modificato, arricchito di beta-carotene (precursore della vitamina A) e con lo scopo di prevenire la cecità infantile e le morti dovute alla carenza dei micronutrienti. Questi, che nei paesi industrializzati sono facilmente assimilabili poiché presenti in alimenti come spinaci, carote o zucca, in diversi paesi risultano quasi impossibili da reperire.
A marzo del 2020 l’Università della California a Davis ha annunciato su “Nature Communications” di aver ottenuto il primo golden rice riveduto e corretto grazie a CRISPR. Questa tecnica consiste in un editing genetico: come se fosse una forbice, è in grado di eliminare specifiche sequenze di DNA, per poi sostituirle. Paragonabile a un copia e incolla più sofisticato, la tecnica CRISPR può letteralmente riscrivere il DNA senza introdurre geni estranei.

Campi di golden rice

Il problema però è che per creare il golden rice risulta necessaria l’introduzione di geni dall’esterno, ovvero la vitamina A, e quindi si rientra necessariamente nella categoria di prodotti OGM, organismi geneticamente modificati.
Per dare una definizione meno approssimativa, si tratta di “organismi non umani modificati attraverso l’ingegneria genetica“, ovvero una branca delle biotecnologie che permette di togliere o inserire specifici pezzi di dna. Ma se ciò avviene attraverso sviluppate tecnologie dell’uomo, è importante sapere che in realtà è stata la natura stessa la prima a dar vita a queste mutazioni: ogni singola specie vivente ha subito nel tempo delle modifiche genetiche; queste in alcuni casi hanno prodotto caratteristiche idonee alla sopravvivenza, in altri hanno reso la specie incompatibile con l’ambiente circostante decretandone la morte. Stiamo parlando dell’evoluzionismo e della selezione naturale e la sola differenza con l’ingegneria genetica è che quest’ultima permette di modificare un dna in maniera funzionale e prevedibile e non fortuita come avviene in natura.

Ad oggi non esistono studi che dimostrino l’effettiva nocività di un prodotto OGM rispetto ad un alimento “naturale” e anzi, molti sostengono sia errato definirli “geneticamente modificati” proprio perché ogni specie presente sulla terra ha subito delle variazioni genetiche nel corso della sua esistenza. Purtroppo c’è ancora molto astio nei confronti di questi prodotti, forse per dei preconcetti nati agli arbori dell’ingegneria genetica, quando ancora le tecnologie e gli studi non erano avanzati come lo sono oggi e a spaventare era più che altro l’immaginario comune di un laboratorio in cui scienziati con camici e ampolle mutavano cose invisibili ad occhio nudo.

Nessun prodotto o tipologia di coltura, che si tratti di OGM o meno, può essere quindi esentato dalla lente di ingrandimento: ogni prodotto alimento essere valutato singolarmente, in base alle modifiche apportate, ai metodi di coltura utilizzati e agli altri fattori del processo produttivo. Peraltro, ogni OGM presente in commercio viene sottoposto a numerosi studi e controlli per verificare l’assenza di effetti nocivi per l’uomo e l’ambiente, cosa che invece non accade per i prodotti più convenzionali.
Suddividere quindi gli alimenti in due categorie e decretare a priori che quella degli ogm faccia male, non è una tesi sostenibile visto che si fa riferimento unicamente alla tecnica utilizzata e non alle concrete caratteristiche del prodotto.

A cosa serve il Golden Rice?

“Scientificamente, e anche dal punto di vista umanitario, ha senso regolare una nuova pianta alla luce dei suoi effetti socio-economici e ambientali, anziché focalizzarsi sul processo usato per la modificazione genetica”, afferma su CRISPerMania (blog della biologa e giornalista scientifica Anna Meldolesi) Pamela Ronald, patologa e genetista vegetale americana, che ha supervisionato il lavoro fatto finora. “Il golden rice serve a salvare la vista e la vita di tanti bambini e ha superato il vaglio di diverse agenzie regolatorie. L’attenzione dovrebbe essere puntata sui bambini, non sul procedimento tecnico usato”, conclude. 
La questione è sicuramente controversa e al momento non ci resta che aspettare le future, e speriamo celeri, novità a riguardo. Di certo vengono messe in contrasto delle  tematiche diverse, ognuna delle quali però risulta, sotto un certo punto di vista, sostenibile: la scienza e l’editing genomico, la legislatura e gli organismi geneticamente modificati, e infine l’umanità, intesa come l’ingenza di vite da salvare. 


Alice Caccamo

In continuo movimento tra Roma e Milano, scrive di enogastronomia e di sostenibilità, territorio e tradizioni. Appassionata dell'Italia e delle sue infinite ricchezze, crede nell'importanza dei prodotti naturali e autentici.