Mango-mania nel 2025: il frutto “tropical” che ha conquistato l’Italia

Ogni estate ha il suo protagonista, ma nel 2025 è il mango a dominare i palati e i social. Come racconta Ferruccio de Bortoli sul Corriere della Sera, le vendite nella grande distribuzione sono schizzate del +116% in quantità e del +81,2% in valore rispetto allo scorso anno. Numeri che non mentono: il mango è l’ingrediente fresco e vitaminico dell’estate, e soprattutto il nuovo simbolo di un’Italia che si apre ai sapori diversi e più adatti al clima del giorno d’oggi, volente o nolente.

Frutta? No, experience tropicale

Il successo del mango somiglia a un cerchio perfetto: estetica, gusto e consapevolezza nutrizionale. Nessun cattivo ricordo di frutta tropicale molliccia: oggi il mango è color orange-bright, succoso, burroso, ricco di vitamina C, fibre, minerali e antiossidanti — un vero concentrato di energia da sorseggiare con la cannuccia o da gustare a pezzi.

E poi c’è il fattore social: Instagram, TikTok e reel culinari spopolano con poke bowl, smoothie, coppe gelato e dessert al mango: un frutto che è aesthetic e ancora di più delizioso da mangiare.

Made in Italy? Sì, grazie

Ma qual è il motivo di questa passione? Il mango non è più solo un ospite esotico, ma ha un curriculum italiano installato in Salento, Sicilia e Calabria. Da soli 10 ettari nel 2004 si è arrivati a 1.200 ettari coltivati. In Puglia, la frutta esotica è triplicata negli ultimi anni, arrivando a oltre 8.000 ettari tra avocado, mango e lime.

Dietro a questo c’è la forza di giovani agricoltori determinati a innovare, sfruttando terreni un tempo impegnati – e ora in crisi – sotto il peso degli ulivi colpiti dalla Xylella. Il risultato: piantagioni tropicali resilienti, capaci di raccontare un’Italia che non teme il futuro.

Cambiamento climatico? Un’occasione

No, nessuna digressione sul global warming, che è purtroppo una realtà. Piuttosto, il caldo estremo ha reso il Sud Italia un terreno ideale per il mango e compagnia. Coldiretti parla di “tropicalizzazione”, raccontando un boom di coltivazioni “che non è casuale” e che punta alla diversificazione agricola.

E quindi che frutta esotica sia, alla fine prima del ‘500 l’Italia non aveva mai visto un pomodoro, e ora è il frutto-simbolo della cucina italiana.

Come gustarlo a casa

Anzitutto va mangiato solo quando è maturo, ovvero quando premendo il mango con le dita si riesce ad affondare un po’ nella polpa: quello è il momento perfetto. Il modo più semplice per consumarlo è Tagliare un mango non è complicato, basta seguire poche mosse. Dopo averlo lavato e asciugato, mettilo verticalmente sul tagliere (con il picciolo verso l’alto) per capire dove sta il nocciolo: è piatto e lungo. Incidi le due “guance” del frutto tagliando circa un centimetro accanto al nocciolo, così ottieni due metà più facili da maneggiare . Su ciascuna metà pratica dei tagli incrociati nella polpa, senza buccia, poi premi la buccia verso l’esterno per far “rivoltare” la polpa: il mango si trasforma in un pratico riccio, pronto da gustare o da estrarre facilmente con un cucchiaino. Per le parti rimanenti intorno al nocciolo, basta usare un coltello affilato per raccogliere ogni zolletta di polpa con semplicità.

Immagina una poke bowl in spiaggia: riso integrale tiepido, edamame freschi, avocado cremoso e cubetti di mango dolce, con un filo di lime. Refresh totale. Oppure una colazione supercolorata: yogurt greco spolverato di granola croccante, fettine di mango e un’idea di miele. Nutritiva, bella da condividere.

Per la merenda, prova un tiramisù al mango: strati soffici di savoiardi imbevuti, crema leggera e un topping tropicale. Easy da preparare, wow da gustare.

E il mango non si nega neppure alla cena elegante: il chutney piccante con mango maturo, scalogno e pepe rosa diventa compagno perfetto di formaggi stagionati o pesce alla griglia.

Perché tutti lo amano (e lo condividono)

Il mango incarna il mood estivo: colorato, vitaminico, versatile. È trend, ma anche nutriente. È Instagram-friendly, ma non superfluo: è alimentare, consapevole.

E non finisce qui: la produzione interna lo fa diventare un esempio di filiera responsabile, un piccolo segno di sostenibilità (meno import dalla Spagna o Sud America) e un valore aggiunto per chi preferisce frutta fresca e locale.