Sapevi che il cibo si può brevettare?

Nell’elenco dei brevetti italiani concessi negli ultimi anni, tra dispositivi elettronici e materiali industriali, ce n’è uno che riguarda un formato alimentare. Il suo nome è Friscous®, ed è legato al Salento. Il brevetto descrive una miscela di semola di grano duro, lievito madre essiccato e alcune spezie, modellata in piccoli granelli e sottoposta a un lungo processo di essiccazione a bassa temperatura.

La registrazione non nasce nelle cucine di un gruppo di ricerca universitario o in un grande stabilimento, ma dall’iniziativa di un giovane laureato in giurisprudenza con una grande passione per la cucina, Francesco Cantoro, interessato alla trasformazione della panificazione tradizionale locale in un formato flessibile per la cucina domestica e professionale. Prima ancora della commercializzazione, l’idea è stata quella di fissare un metodo: ingredienti determinati, tempistiche, forme, resa.

Il riferimento culturale più immediato si trova nella storia del pane biscottato del Sud, prodotto per durare nel tempo, destinato a essere reidratato prima del consumo. Nel Salento, la frisella — o frisa — è il principale esempio di questa tecnica: un pane tagliato e cotto due volte per poter essere conservato, trasportato e reidratato all’occorrenza. Friscous® prende da lì il concetto di base: un prodotto secco, pronto a cambiare consistenza con l’aggiunta di acqua o condimenti.

La differenza sta nel formato: non una forma ad anello, ma piccoli granuli regolari, tipo cous cous, che consentono cotture e usi diversi, dalla base morbida per piatti a cucchiaio alla finitura croccante per insalate o preparazioni più elaborate. Nel deposito brevettuale si legge la volontà di creare qualcosa di adatto sia all’idratazione veloce sia al consumo diretto, senza cottura.

Negli ultimi due anni, il prodotto è transitato dalle botteghe artigianali ad alcune cucine di ristoranti italiani. Non per una precisa strategia di comunicazione, ma perché alcuni chef hanno iniziato a sperimentarne le possibilità tecniche: tempi rapidi, consistenza controllabile, sapore di grano riconoscibile e stabile. Una variabile utile in un momento in cui le cucine professionali lavorano con tempi sempre più compressi e una domanda crescente di formati versatili. Il prodotto infatti unisce la tradizione delle friselle e la versatilità del cous cous ed è di fatto un mix di semole di grano duro italiano, lievito madre, curcuma, origano e sale.

Parallelamente, il prodotto ha iniziato ad apparire anche nelle dispense domestiche. La preparazione richiede poco tempo: un minuto circa per idratarlo, oppure nessun intervento se si utilizza nella sua forma croccante. Questo elemento pratico lo ha reso oggetto di interesse anche per chi cucina ogni giorno senza grandi rituali.

L’aspetto territoriale resta evidente. Il brevetto è registrato in una provincia dove il grano duro ha un ruolo storico nell’economia agricola, e dove la cucina ha sempre integrato influenze differenti: dal Mediterraneo alle rotte commerciali dell’entroterra. Friscous si inserisce in questa continuità, aggiungendo un’opzione in più per cuochi e cucine domestiche.

In un panorama gastronomico in cui molti prodotti rivendicano la propria identità attraverso la narrazione, qui il racconto è diverso: la parte in primo piano è un oggetto alimentare con caratteristiche codificate e verificabili. Il certificato di brevetto è in questo caso un documento tecnico che definisce un metodo produttivo interessante e che offre nuove opportunità a una tradizione.

Resta aperta la questione più interessante: quale posto può trovare un formato così giovane nella cucina italiana? La risposta, al momento, è frammentata. Alcuni lo interpretano come una base rapida per piatti quotidiani; altri lo trattano come un ingrediente da costruire, un punto di partenza più che un piatto finito. In entrambi i casi, è qualcosa che invita a riconsiderare le tecniche tradizionali attraverso un approccio pratico.

Ci sono poi delle versioni del prodotto già pronte per condire piatti di ogni tipo, vegetariani o di pesce, o per pasta e zuppe. Come ad esempio il Friscous® Condipasta Mediterraneo, nato dalla collaborazione con lo chef Ivan Tronci, un mix equilibrato di Friscous®, erbe aromatiche e spezie naturali, pensato per arricchire i primi piatti con un tocco da chef.

Oppure il Condipasta Lucano, un condimento pronto all’uso che nasce dall’incontro tra peperone crusco di Senise I.G.P., Friscous® e aglio: tre ingredienti semplici che insieme racchiudono tutto il calore e la fragranza del Sud. Croccante, aromatico e naturalmente dolce, è concepito per dare carattere a ogni piatto, dal primo espresso al secondo più ricco.

E per gli affezionati delle verdure (come la maggior parte di voi lettori), il Friscous® Mix Insalate che è un superfood versatile: un mix di cereali e semi (zucca, lino, girasole) e prodotti da forno pugliesi a base di semola e curcuma, che unisce i benefici nutrizionali di antiossidanti, vitamine e Omega 3 alla croccantezza e alla versatilità di un ingrediente pronto all’uso, utilizzabole persino per sostituire il pangrattato, arricchendo di gusto e salute ogni piatto. Un’alternativa è il Friscous® Classico, che si può inserire in qualsiasi insalata per aggiungere una parte croccante.

Il caso Friscous® offre uno spunto più ampio: l’idea che la tradizione alimentare non sia un repertorio fisso, ma un insieme di possibilità. Il brevetto diventa un atto amministrativo che fotografa un momento di questa evoluzione, un tentativo di dare forma contemporanea a un sapere antico, senza rivestirlo di nostalgia.

L’Italia continua a produrre nuovi formati di grano duro, spesso in contesti piccoli, senza rumore, misurandone la risposta nei piatti. Friscous® oggi è uno di questi esempi, in osservazione. Un prodotto che occupa uno spazio intermedio tra passato e presente, con una funzione ancora da definire del tutto.