Un articolo appena uscito sul Manifesto con la firma di Francesco Bilotta descrive un’estate difficile: ciliegie oltre 20 €/kg, prezzi in doppia cifra per pesche, albicocche e nettarine, e cali produttivi preoccupanti. È l’effetto della crisi climatica che, oltre a ridurre la produzione, fa aumentare i prezzi e ridurre i consumi nei carrelli degli italiani.
Secondo ISMEA, nella prima settimana di luglio le albicocche sono salite del +40 %, le nettarine bianche del +15,5 %, le pesche gialle dell’+11 %, mentre le ciliegie hanno subito un vero e proprio boom di prezzo, +100 % rispetto al 2024.
In pratica, una famiglia media ora deve aggiungere tra 200 e 290 euro in più all’anno solo per mantenere lo stesso consumo di frutta e verdura: una battuta d’arresto per uno stile alimentare che dovrebbe essere più verde, non più costoso. Eppure, anche in questo contesto, non mancano spiragli da esplorare sui quali abbiamo riflettuto.

Rigenerare anziché abbandonare
C’è una crisi reale: Coldiretti rileva la perdita di quasi 300.000 ettari di frutteti negli ultimi 15 anni, con oltre 200 milioni di piante da frutto eliminate (pere, ciliegie, pesche, albicocche). Solo questa primavera, catastrofi climatiche come gelate tardive e siccità hanno decimato produzioni storiche. In Puglia, ad esempio, le gelate hanno distrutto il 70–100 % delle ciliegie. Ma c’è chi reagisce: piccoli agricoltori stanno rigenerando suoli, recuperando varietà locali e scegliendo tecniche agroforestali di resilienza.
Varietà resistenti e filiera virtuosa
Spesso l’aspetto estetico penalizza frutta di qualità. Eppure, mele leggermente scavate, albicocche medio-piccole e ciliegie dal colore meno uniforme non significano meno sapore. Promuovere mercati contadini, cassoni solidali e filiere intermedie consente di valorizzare questa frutta “imperfetta”, ridurre lo spreco e mantenere prezzi accessibili per i consumatori.
Cambia il menu, non lo stile
Non rinunciare alla frutta estiva. Scommetti su produzioni locali meno colpite da eventi estremi (mele, fichi, susine) o su trasformazioni come composte, succhi artigianali, frutta secca locale dolce. Non è rinuncia, è reinvenzione. Stilisti per il gusto come barattoli di frutta “ugly”, conserve in vetro e snack disidratati sono una soluzione buona, sostenibile ed esteticamente sensata.
Comunità, consapevolezza, scelta
La volontà di scelta diventa politica quando condivisa. Millennials e Gen Z sanno riconoscere il valore del “mangiare locale”, del “meno plastica”, del “prodotto tracciato”. Promuovere community acquisti, spesa a km zero, orti sociali o crowdfunding green diventa una forma di resistenza salutare e concreta. Educare al gusto non è nostalgia: è uno stile scelto, responsabile.

In conclusione
Sì, la crisi della frutta estiva fa rumore. Ma dentro quel rumore ci sono segnali di speranza: recupero del territorio, varietà resistenti, filiere più etiche e consumi consapevoli. Serve lucidità, praticità e creatività. Anche nel mezzo dell’estate più cara degli ultimi anni, possiamo provare che un altro modello — più verde, più bello, più giusto — è già in corso.